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Articolo inserito da SanMartinoinStrada.com in data 18/01/2019
Storia
tratto da FT a cura di Piero Ghetti
letto 21256 volte in 5 anni 10 mesi e 15 giorni (9,93)
Scrivere di S. Martino in Strada è come riavvolgere il nastro della storia forli

Scrivere di S. Martino in Strada è come riavvolgere il nastro della storia forlivese

Molte delle vicende storiche che hanno segnato Forlì sono iniziate nella frazione pedemontana lambita dal fiume Rabbi. Due esempi su tutti, distanti ben sette secoli fra loro


Scrivere di San Martino in Strada è come riavvolgere il nastro della storia forlivese: molte delle vicende che hanno segnato il capoluogo sono, infatti, iniziate nella frazione pedemontana lambita dal fiume Rabbi. Due esempi su tutti, distanti ben sette secoli fra loro. Il 14 settembre 1281 a San Martino si accamparono i francesi al soldo del papa, gli stessi che, “dopo aver fatto sacco” della frazione, il giorno successivo entrarono spavaldi anche a Forlì passando per l’attuale via Battuti Verdi, salvo subire il “sanguinoso mucchio” di dantesca memoria per mano degli uomini di Guido da Montefeltro, con la regia di Guido Bonatti.

L’altro episodio emblematico è la funzione di avamposto assunta nel secondo conflitto mondiale: quel fatidico 9 novembre 1944, San Martino fu la prima frazione di Forlì ad essere liberata dagli Alleati, dopo che reparti di fanti inglesi avevano finalmente guadato il Ronco all’altezza di Magliano. Per la precisione, come apparso sul Corriere Romagna del 9 novembre 2014 a 70 anni esatti dall’evento, “il comandante della squadriglia di carristi inquadrati nella 4° divisione inglese, che quella mattina, giorno della Liberazione di Forlì, conquistò San Martino in Strada, era il caporale Irvine. Il soldato di Sua Maestà Britannica faceva parte delle avanguardie dell’8° Armata, incaricate di sminare le strade prima dell’avanzata delle truppe”. La secolare importanza della località deriva dal fatto che il Plebanato, ossia l’area di giurisdizione della Pieve omonima, si estendeva fino alle mura di Forlì. “La competenza territoriale di San Martino in Strada - scrive monsignor Adamo Pasini nel 1920 sul “Bollettino della Madonna del Fuoco” - era estesa a una parte dell’urbe sin presso la zona di Campostrino, comprendendo anche le chiese di San Vitale in Bussecchio, San Nicolò in Vecchiazzano e Santi Pietro e Paolo di Grisignano”.

Anche se le prime notizie documentali sulla chiesa risalgono al 962, l’epopea sanmartinese scaturisce dalla donazione che tal Alessandro fece ai monaci nel 1160, “seppur con speciali diritti che furono causa di gravi liti e discordie col vescovo e la comunità”. Un simile ben di Dio in mano all’abate benedettino di San Mercuriale, non poteva certo star bene ai vescovi cittadini, che cercarono in tutti i modi di contrastarlo. Nel 1170, San Martino in Strada fu confermata parrocchia, seppur “con l’obbligo – continua Pasini – di eleggere per la cura d’anime due cappellani, i quali ricevevano l’investitura temporale da San Mercuriale, con l’obbligo poi di essere confermati dal vescovo di Forlì”. Dedicata a San Martino di Tours, vescovo cristiano del IV secolo, fu sempre chiesa di prestigio indiscusso ed ebbe arcipreti appartenenti alle più importanti famiglie di Forlì. Nel XVI secolo continuano le divergenze fra il vescovo e l’abate vallombrosiano per il suo possesso. Una brusca virata è data dal passaggio di Napoleone nel 1797: la chiesa venne alienata a privati con annessi e connessi.

Nel 1815 ci fu sì la Restaurazione, coincidente con l’esilio definitivo del Bonaparte, ma le cose non tornarono più come prima. Don Giovanni Giammarchi, nel suo inventario parrocchiale del 1827, dichiara di aver provveduto di sua tasca ai beni occorrenti al centro di culto. Una delle date più recenti rimaste scolpite nella memoria dei residenti di San Martino in Strada, è il 2 giugno 1985, giorno dell’inaugurazione della nuova chiesa voluta dall’allora parroco monsignor Ildebrando Leonardi. “Quella vecchia andava benissimo – scrisse il sacerdote - ma la popolazione in continuo aumento non poteva più raccogliersi, nemmeno nelle domeniche comuni, in uno spazio ristretto che impediva ai più deboli la possibilità di partecipare con una certa comodità all’Eucaristia”. Passano altri 15 anni e si raggiunge il terzo millennio. Dopo il buon lavoro di don Bruno Bertelli e di don Maurizio Monti, l’attuale parroco don Massimo Masini, entrato il 16 settembre 2017, fa i conti con la realtà e invoca forze fresche, desiderose di testimoniare che “Cristo rimane l’unico annuncio in grado di salvare il mondo”

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