GINO E LA TEORIA DELL’ ICOSAEDRO TRONCATO
di Marco Benazzi
Chi mastica di calcio sa perfettamente che i frequentatori del rettangolo verde si dividono in due grandi categorie, quelli che credono che il pallone sia un globo con il gambo come il cocomero e quelli che invece sanno che il “vero” pallone da calcio regolamentale non è una sfera perfetta, ma il frutto della cucitura di singoli pezzi, per la precisione 12 pentagoni e 20 esagoni. In due parole un icosaedro troncato. Gino apparteneva alla seconda categoria, con la variante di chi crede fortemente che il pallone vola se lo pigli a calci e che ogni bipede implume, volendo, è in grado di farlo. La sua “Tre Martiri”, è stata una squadra che per mezzo secolo ha permesso, a chiunque ne avesse il desiderio, di vivere l'esperienza del gioco in maniera spensierata, sincera, spontanea; regina di un calcio pionieristico distante anni luce da quello tutto lustrini e paiette dove le bandiere sventolano sui pennoni in occasione delle feste comandate. La mitica compagine dall’inconfondibile casacca arancione, quella che vide le gesta di Casadei, Erbacci e di quell’Italico Bandini passato alla storia del campionato dilettanti per essere stato il portiere più battuto di tutti i tempi, oggi è divetata un'icona del calcio puro, fatto di tante sconfitte sul campo e di altrettante vittorie negli ideali. Chi desiderava mettersi alla prova nel campionato di terza categoria, l’ultima delle serie minori, era certo che Gino, dopo averlo prontamente tesserato, lo avrebbe mandato in campo pur sapendo che anziché gli avversari l’unica ad essere sconfitta sarebbe stata la noia del quotidiano solingo. Scontroso, borbottone, “mangiarbitri”, un solitario dal cuore grande che custodiva intatto dalla nascita un infinito amore per lo sport schietto, incontaminato. Qualcuno lo ha paragonato a Carletto Mazzone, di certo era un romagnolo verace, di quelli che considerano il bicarbonato un ingrediente essenziale per la piadina, perché, oltre a farla lievitare un poco la aiuta a cuocersi meglio dandole un colore dorato. Gino se ne è andato – lasciando in ambasce Lila e Mao fedeli compagni di viaggio - qualche anno fa, all’età di 74 anni, spesi in gran parte ad amare lo sport amatoriale più sano. La Tre Martiri era lui: presidente, segretario, allenatore, segnalinee, tesoriere, autista del leggendario pulmino societario dall’aria tremendamente vissuta.
Mi piace immaginarlo negli spogliatoi del campo di San Martino in Strada, vero e proprio mausoleo della storia del calcio tra zaffate di alcool canforato, pettorine sbiadite dal tempo, scarpini e palloni anni cinquanta, il bricco per distribuire il tè caldo durante l’intervallo, il leggendario eskimo tiepido protettore dal freddo e grigio inverno, mentre, ritenendosi oltraggiato per l'insolenza, minaccia di non scendere in campo in occasione di una gara di campionato perché a dirigerla è stata chiamata una gentil donzella. Dimenticarlo, anche per chi come me lo ha conosciuto per luce riflessa, è impossibile. Gino era un pilastro del microcosmo degli sconfitti, quelli che, come me, giocano a calcio con fatica e sofferenza e con un unico obiettivo: far rotolare l’icosaedro troncato oltre la linea di porta, possibilmente senza tibie al seguito.
Gino Bertaccini era il fondatore della “Tre Martiri”, una società che per mezzo secolo ha permesso a ragazzi forlivesi, dotati e no, di dedicarsi al pattinaggio a rotelle e giocare a calcio. La squadra è stata un autentico mito della terza categoria, anche per aver attuato in maniera metodica la “cultura della sconfitta” incassando valanghe di gol e finendo spesso come fanalino di coda. Ma a lui questo poco importava, lui intendeva il calcio solo come forma di divertimento.
Per creare un oggetto tridimensionale, si devono utilizzare esagoni ma anche poligoni con un numero di lati inferiore, per esempio pentagoni. Nei palloni da calcio si fa in modo che in ogni angolo si incontrino due esagoni e un pentagono. Usando questa accortezza dappertutto, si ottiene una forma sorprendentemente tonda: il pallone da calcio, per l’appunto. La forma più rotonda che si possa ottenere con pentagoni e esagoni.
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