Percorrendo la tangenziale o arrivando dall’autostrada, il profilo della nostra città è ormai contrassegnato dal pennacchio bianco del camino dell’inceneritore per rifiuti ospedalieri. Qualche ingenuo forlivese si chiede se la vicina costruzione dipinta di rosso (inceneritore per rifiuti urbani) sia spenta, visto che il pennacchio di fumo non si vede. In realtà, la moderna costruzione è dotata di un marchingegno tecnico che evita il formarsi di vapore acqueo e rende invisibili le emissioni, che pur ci sono! E che le emissioni proseguano può essere testimoniato anche dall’odore spesso poco gradevole che si spande nei quartieri vicini e talora ben oltre.
Con tutti i problemi che ci sono dobbiamo ancora parlare di inceneritori e di inquinamento?
Sì, perché … esattamente un anno fa (14/2/2013) un Decreto Legge (DL) ha stabilito i criteri specifici “affinche' determinate tipologie di Combustibile Solido Secondario (CSS) ……. cessano di essere qualificate come rifiuto”. Dunque, per DL, i rifiuti (o una buona parte di essi) non devono più essere chiamate “Rifiuti”, ma CSS. Il 7/8/2013, poi, è stato approvato un altro DL che ha enunciato come “applicare la formula per il calcolo dell'efficienza energetica degli impianti di incenerimento in relazione alle condizioni climatiche”. Questo è un decreto secondo il quale, applicando calcoli matematici con diversi indici di moltiplicazione, un impianto che brucia CSS può assurgere da banale inceneritore (“impianto di smaltimento mediante incenerimento def:D10”) alla dizione di “impianto atto al recupero energetico def:R1”.
I gestori degli impianti festanti hanno pertanto avviato le procedure per convertire, senza colpo ferire, i propri inceneritori in impianti di recupero energetico, che, così, non sottostanno più alle Amministrazioni locali, ma rientrano in un piano nazionale che, oltre a continuare ad elargire incentivi, ora consentirà loro anche di bruciare a pieno regime rifiuti ( pardon “CSS”) provenienti da tutto il territorio nazionale secondo emergenze o necessità e con grande profitto.
Tutto questo viene fatto senza riguardo alcuno del Diritto Comunitario, che pone di fatto l‘Italia fuori dalle norme europee. Una chiara violazione della direttiva europea “IPPC sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento ambientale” è anche la recente approvazione del DL 10/12/2013, n.136, detto “Decreto Ilva-Terra dei Fuochi”. E’ stato enfatizzato che presto inizierà la bonifica dei territori martoriati dall’inquinamento e che vi sarà una “pietosa” sorveglianza sanitaria delle popolazioni. (Sinceramente c’è da chiedersi come questo possa rallegrare o ripagare gli ammalati di ieri di oggi e di domani!). Nelle comunicazioni radio-TV non è stato detto, però, che gli inquinatori non saranno perseguiti né dovranno farsi carico della bonifica. Addirittura l’Ilva di Taranto è autorizzata a non attuare il 20% delle prescrizioni della norma europea AIA (autorizzazione intergrata ambientale). Con la nuova legge (art. 7, comma d) l’ILVA potrà continuare a produrre anche avendo avviato l’adozione dell’80% del numero complessivo delle prescrizioni AIA , quando quel 20% di prescrizioni non ottemperate includono atti importantissimi, come ad esempio la copertura del parco minerali o la riduzione delle emissioni diffuse che sfuggono dalla cokeria.
Siccome continuo a ritenere che al primo posto della Politica resti la salute dei cittadini e di conseguenza quella dell’ambiente, prima ancora del business, credo che, ahimè, ci si debba ancora occupare di inceneritori e di inquinamento.
Ruggero Ridolfi
Presidente ISDE - Forlì
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